mercoledì 13 aprile 2011

Afrodite e Cupido nell'Olimpo dei lustrini dance floor- Kylie Minogue, Aphrodite


L'undicesimo album della Signora Minogue che si carica dell'arduo onere di ereditare la (quasi) perfezione tracimante di X, spedisce la delicata australiana nel firmamento delle divinità elleniche.
Il paragone estetico-d'immagine tra Kylie e Afrodite, dea dell'amore e della bellezza, pare quasi un eufemismo: che questa minuta artista emani luminescenza sessual - erotica fin dai lontani esordi di fattura eighties (iperbolizzati, tuttavia, con gli ammiccanti sculettamenti di Spinning Around e Can't Get You Out Of My Head), è innegabile per qualsiasi allupato sulla faccia della Terra.

Che c'è di meglio, dunque, di una vera e propria esaltazione della magnificenza minoguiana tra flutti e spume profuse dalle acque incontaminate dell'Egeo, volubili ambientazioni cicladiche, orizzonti blu - cristallini e candide opere architettoniche?
Via dunque la patinatura futistico - retrò di X, fatta di maschere, cristalli, luccichii e arzigogolature, per lasciar posto al puro, semplice splendore di una cantante dotata di corde vocali suadenti e di chiappe altrettanto canterine.

Questo il lato stilistico/visuale di Aphrodite. Virando verso il discorso sonoro notiamo il ritorno di Kylie verso la Dance di Fever e Light Years, abbellita da un piacevolissimo e mai aberrante tocco euro -elettropop. Uno sguardo alle fotografie passate dello spumeggiante debutto- possiamo, addirittura, risalire ai "vecchissimi" Rhythm Of Love e Let's Get Do It, contraddistinti da un frizzante sapore disco anni 70 - 80, tipo Jackson 5 e Donna Summer (è sufficiente la clip del singolo Step Back In Time a esaurire tali ispirazioni) - ed una strizzatina d'occhio alle tendenze moderne che in realtà riciclano in toto le grandi lezioni dei maestri della dancefloor music anni '70 e '80.


Il  felice connubio Kylie + Dance non si è dissolto del tutto neanche nei suoi sporadici periodi "sperimentali", in particolar modo nel periodo Deconstruction. Album meno club - addicted come Body Language, Kylie Minogue, Impossible Princess e lo stesso, decantato X, contengono in sè medesimi lungimiranti venature dance - floor da veri intenditori: citandone alcuni, abbiamo Obsession nel lounge - inspired Body Language (2003), Like a Drug, Speakerphone, Nu - Di - Ty, In My Arms e Wow nel più recente X (2007), Drunk, Limbo e Say Hey nell'indie-style Impossible Princess (1997), infine Where Has The Love Gone? contenuta nel variegato Kylie Minogue (1994). Insomma, Kylie non si mai stancata di infiammare con i suoi beat le piste da ballo che ancor oggi racimolano sempre più avventori e appreciaters.

Aphrodite è il trionfo della semplicità voluta da Miss Minogue per la sua nuova era: sounds curati, raffinati, conditi e cosparsi unicamente con quel calore e quella professionalità  made in Kylie al 100%. Siamo lontani anni luce dalla truzzaggine guettiana e dai giochi elettronici di will.i.am: brani come All The Lovers, Closer, Illusion, Get Outta My Way e Put Your Hands Up (If You Feel Love) non sono confezionate per tecktonici semifusi ed i selvaggi party - animals esaltati da "pazze" glitterate come Ke$ha.
Elemento imprescindibile dall'ottima riuscita del lavoro in analisi è la produzione: Stuart Price, executive producer di Aphrodite, sarebbe il geniaccio demiurgo di Confessions On A Dance Floor, uno dei massimi capolavori della Regina del Pop Madonna. Evitando astrusi paragoni tra i due album, si può tranquillamente affermare che Price abbia tratto preziosa linfa dalla sua collaborazione con Madge, per riproporla, con vesti e accessori nuovi ed inediti, all'australiana madrina del pop.
Un album che sprizza voglia di vivere, esprimersi, sorridere e amare: la delicata e giocosa elettronica di All The Lovers, l'estasi ascetica ed iperuranica dei synth in Closer e Get Outta My Way, il rock vintage e terribilmente dinamico di Aphrodite, la morbida leggerezza, quasi fanciullesca, di Put Your Hands Up e Better Than Today, il richiamo alle danze andate e rivisitate di Can't Beat The Feeling, la voluttuosità romantica e sentimentale di Everything Is Beautiful...ogni singola canzone illustra degnamente la Kylie Minogue del matrimonio amore - pista da ballo, quella che scala il cubo senza farsi travolgere dalla violenta ferocia dei party anthem moderni, la pocket - star del circolo della vita sotto forma di brano musicale.

Amiamola, ragazzi, amiamo l'Afrodite dei giorni nostri, senza peplo bianco e calzari, ma con magliette attillate e scarpe ultra glamour che fanno gola persino ai players più accaniti del X-Box.


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